Il Diamante che recide l’Illusione

by Thich Nhat HanhNovember 26, 2021

Gatha di apertura(*)

Come possiamo vincere la paura della nascita e della morte e giungere a uno stato indistruttibile come il diamante?

In che direzione possiamo orientare la nostra pratica per spazzar via le migliaia di illusioni?

Se la mente risvegliata mostra la sua compassione e dischiude per noi lo scrigno del tesoro, potremo portare nelle nostre vite i meravigliosi insegnamenti del Diamante.


Discorso

Questo è quanto ho udito una volta che il Buddha dimorava nel monastero del parco di Anathapìndika, nel boschetto di Jeta, vicino a Shràvasti, con una comunità di milleduecentocinquanta monaci.

Quel giorno, al momento di compiere il giro della questua, il Buddha indossò il sanghati e, con la ciotola tra le mani, si recò nella città di Shràvasti per mendicare il cibo, andando di casa in casa. Terminata la questua tornò al monastero per consumare il pasto di mezzogiorno. Poi ripose il sanghati e la ciotola, si lavò i piedi, sistemò il cuscino e si sedette.

A quel punto il Venerabile Subhuti si alzò, scoprì la spalla destra, pose un ginocchio a terra e, giungendo le mani in segno di rispetto, disse al Buddha: “Onorato dal mondo, è raro trovare una persona del tuo valore. Tu sostieni sempre i bodhisattva e mostri una particolare fiducia nei loro confronti.

Onorato dal mondo, se donne e uomini di sani principi volessero generare la più pura e realizzata mente del risveglio, su che cosa dovrebbero basarsi e cosa dovrebbero fare per padroneggiare la loro attività di pensiero?”.

Il Buddha disse a Subhuti: “Ecco come i bodhisattva mahasattva padroneggiano la loro attività di pensiero: ‘Per quante infinite specie di esseri viventi esistano, che siano nati da uova, dall’utero materno, dall’umidità o spontaneamente; che abbiano una forma o che non abbiano una forma; che abbiano percezioni o che non abbiano percezioni; o di cui non si possa dire se hanno o non hanno percezioni, tutti questi esseri dobbiamo condurre al nirvana, così che raggiungano la liberazione. Eppure quando questo numero di esseri incalcolabile, incommensurabile e infinito avrà raggiunto la liberazione, noi non penseremo, in realtà, che un solo essere sia stato liberato’.

Perché è così? Subhuti, se un bodhisattva si attacca all’idea dell’esistenza di un sé, di una persona, di un essere vivente e della durata di una vita, quella persona non è un autentico bodhisattva.

Inoltre, Subhuti, quando un bodhisattva pratica la generosità lo fa senza basarsi su nulla – forma, suono, odore, sapore, stimolo tattile o fenomeno. Questo, Subhuti, è lo spirito con il quale un bodhisattva pratica la generosità: senza basarsi sui segni. Perché? Se un bodhisattva pratica la generosità senza basarsi sui segni, la felicità che ne nasce è inconcepibile e incommensurabile. Subhuti, pensi che lo spazio a Oriente possa essere misurato?”.

“No, Onorato dal mondo”.

“Subhuti, pensi che gli spazi a Occidente, a Sud e a Nord, in alto e in basso, possano essere misurati?”

“No, Onorato dal mondo”.

“Subhuti, se un bodhisattva, quando pratica la generosità, non si basa su alcun concetto, la felicità che deriva da tale atto virtuoso è vasta come lo spazio, incommensurabile. Subhuti, i bodhisattva dovrebbero lasciar dimorare la propria mente negli insegnamenti appena esposti.

Che ne pensi, Subhuti? È possibile comprendere il Tathāgata attraverso i segni del corpo?”

“No, Onorato dal mondo. Quando il Tathāgata parla dei segni del corpo, non ci sono segni dei quali parlare”.

Il Buddha disse a Subhuti: “Ovunque si trovi qualcosa che può essere distinto attraverso i segni, là c’è inganno. Se si comprende la natura senza segno dei segni, allora si può comprendere il Tathāgata”.

Il Venerabile Subhuti disse al Buddha: “Nei tempi a venire, ci saranno ancora persone che, ascoltando questi insegnamenti, avranno davvero fede e fiducia in essi?”.

Il Buddha rispose: “Non dire così, Subhuti. Cinquecento anni dopo la morte del Tathāgata, ci saranno ancora persone che assaporeranno la gioia e la felicità che derivano dal fatto di osservare i precetti. Ascoltando queste parole, quelle persone avranno fede e fiducia che esprimono la verità. Sappi che quelle persone avranno piantato semi non soltanto durante la vita di un singolo buddha, o anche di due, tre, quattro o cinque buddha, ma in realtà avranno piantato semi salutari durante la vita di decine di migliaia di buddha. Chiunque, anche per un attimo solo, generi una fiducia pura e sincera ascoltando queste parole del Tathāgata, sarà conosciuto e visto dal Tathāgata e, grazie a questa comprensione, otterrà una felicità incalcolabile. Perché?

Perché quella persona non è prigioniera delle idee di ‘sé’, ‘persona’, ‘essere vivente’ e ‘durata di una vita’. Non è prigioniera dell’idea di un dharma o dell’idea di un non- dharma. Non è prigioniera del concetto che questo è un segno e quello non è un segno. Perché? Se si è prigionieri dell’idea di un dharma, si è anche prigionieri delle idee di ‘sé’, ‘persona’, ‘essere vivente’ e ‘durata di una vita’. Se si è prigionieri dell’idea che i dharma non esistono, si è ancora prigionieri delle idee di ‘sé’, ‘persona’, ‘essere vivente’ e ‘durata di una vita’. Per questa ragione non dovremmo lasciarci catturare dai dharma o dall’idea che i dharma non esistono. È questo il significato più profondo quando il Tathāgata afferma: ‘Monaci, sappiate che tutti gli insegnamenti che vi offro sono una zattera’. Tutti gli insegnamenti devono essere abbandonati, per non parlare dei non-insegnamenti”.

Il Buddha chiese a Subhuti: “In tempi antichi, quando il Tathāgata praticava sotto la guida del Buddha Dipànkara, ottenne forse qualcosa?”.

Subhuti rispose: “No, Onorato dal mondo. In tempi antichi, quando il Tathāgata praticava sotto la guida del Buddha Dipànkara, non ottenne nulla”.

“Che ne pensi, Subhuti? Un bodhisattva crea una terra di buddha serena e meravigliosa?”

“No, Onorato dal mondo. Perché? Creare una terra di buddha serena e meravigliosa in effetti non è creare una terra di buddha serena e meravigliosa. Proprio per questo si dice che ‘crea una terra di buddha serena e meravigliosa’”.

Il Buddha disse: “Quindi, Subhuti, tutti i bodhisattva mahasattva dovrebbero far nascere un’intenzione chiara e pura in questo spirito. Per far nascere questa intenzione non dovrebbero basarsi su forma, suono, odore, sapore, stimolo tattile o fenomeno, e la loro mente non dovrebbe dimorare in nessun luogo.

Dunque, Subhuti, quando un bodhisattva genera l’incomparabile mente del risveglio, deve rinunciare a ogni idea. Per generare quella mente non può basarsi su forme, né su suoni, odori, sapori, stimoli tattili o oggetti mentali. Può solo generare una mente che non sia prigioniera di nulla.

Il Tathāgata ha detto che tutti i concetti non sono concetti e che tutti gli esseri viventi non sono esseri viventi. Subhuti, il Tathāgata parla delle cose per quello che sono, dice il vero e parla in accordo con la realtà. Non parla per ingannare o compiacere. Subhuti, se diciamo che il Tathāgata ha realizzato un insegnamento, quell’insegnamento non è né afferrabile né ingannevole.

Subhuti, un bodhisattva che fa dipendere ancora dai concetti la sua pratica della generosità è come una persona che cammina nel buio: non vede niente. Un bodhisattva che invece non dipende dai concetti per praticare la generosità, è come una persona di buona vista che cammina sotto la luce splendente del sole: può distinguere ogni forma e colore.

Subhuti, non dire che il Tathāgata pensa: ‘Porterò gli esseri viventi sulla sponda della liberazione’. Non pensare questo, Subhuti. Perché? Perché in verità non esiste un solo essere che il Tathāgata debba condurre alla sponda della liberazione. Se il Tathāgata dovesse pensare che quell’essere esista, sarebbe prigioniero dell’idea di ‘sé’, ‘persona’, ‘essere vivente’ e ‘durata di una vita’. Subhuti, ciò che il Tathāgata definisce sé, in sostanza non ha un ‘sé’ come lo intendono in genere le persone comuni. Subhuti, il Tathāgata non considera nessuno una persona comune; proprio per questo può parlare di ‘persone comuni’.

Che ne pensi, Subhuti, è possibile meditare sul Tathāgata attraverso i trentadue segni?”

Subhuti disse: “Sì, Onorato dal mondo. Dovremmo usare i trentadue segni per meditare sul Tathāgata”.

Il Buddha disse: “Se affermi che utilizzi i trentadue segni per comprendere il Tathāgata, allora anche il Ciakravàrtin sarebbe un Tathāgata?”

Subhuti rispose: “Onorato dal mondo, comprendo il tuo insegnamento. Non si dovrebbero usare i trentadue segni per meditare sul Tathāgata”.

A quel punto l’Onorato dal mondo recitò i seguenti versi: “Chiunque tenti di riconoscermi nella forma o mi cerchi nei suoni è su un sentiero erroneo e non può vedere il Tathāgata.

Subhuti, sbagli se pensi che il Tathāgata realizzi la somma mente del risveglio, pienamente compiuta, e non abbia bisogno di tutti i segni caratteristici. Subhuti, non pensare in questo modo. Non credere che quando si dà vita alla somma mente del risveglio, pienamente compiuta, si debbano vedere tutti gli oggetti mentali come inesistenti, tagliandosi fuori dalla vita; non credere che sia così. Chiunque realizzi la somma mente del risveglio, pienamente compiuta, non afferma che tutti gli oggetti mentali sono inesistenti né si taglia fuori dalla vita”.

Il Venerabile Subhuti, i monaci e le monache, i laici e le laiche, gli dèi e i semidei, dopo aver ascoltato il Signore Buddha offrire questo discorso, cominciarono a metterne in pratica gli insegnamenti, colmi di gioia e fiducia.

(*) Composta da Thich Nhat Hanh.


Vajracchedika Prajñaparamita Sutra Tripitaka Taisho riveduto 335

Testo completo e commento in: Thich Nhat Hanh, Il diamante che recide l’illusione, Roma, Ubaldini, 1995.