Notte di preghiera
In quel momento,
il vento era silenzioso,
silenziosi gli uccelli.
Sette volte tremò la Terra
come se l’immortalità attraversasse
il fiume della nascita e della morte.
La mano sulla ruota
sbocciò nel mudra della pace
come un fiore nella notte.
In quel momento,
il fiore dell’immortalità si aprì
nel giardino della nascita e della morte –
l’illuminato sorrise:
parole e sorrisi.
E’ venuto
per imparare il linguaggio degli uomini.
Quella notte nel Paradiso di Tushita,
gli dei guardarono giù,
videro la Terra, la mia patria, più luminosa di una stella,
mentre le galassie si inclinavano, adorando
finché l’est non si è tinto di rosa,
e i giardini di Lumini sono diventati una soffice culla
per accogliere il Buddha, appena nato.
Stanotte, stanotte
sulla Terra, la mia patria,
gli uomini guardano in su.
Gli occhi accecati di lacrime si girano verso il Paradiso di Tushita.
Ovunque sono le urla di dolore,
la mano di Mara annienta con violenza e odio.
Nell’oscurità la Terra, la mia patria,
brama l’evento miracoloso
quando l’eternità apre il suo sipario,
le ombre si dissolvono,
e Maitreya raggiunge la mia terra.
Il suono dell’essere echeggia di nuovo
nel canto di un bambino.
Stanotte luna e stelle sono testimoni.
Che la mia patria, che la Terra preghi
per il Vietnam –
le sue morti e i suoi fuochi,
il dolore e il sangue –
che il Vietnam risorga dalla sua sofferenza
e diventi la morbida, nuova culla
per il futuro Buddha.
Che la Terra, il mio paese, preghi
che ancora una volta sboccino i fiori.
Stanotte speriamo
che la nostra agonia generi un frutto;
che la morte e la nascita guadino
il fiume dell’immortalità
e la sorgente dell’amore bagni diecimila cuori;
che l’uomo impari il linguaggio dell’inesprimibile.
Il balbettio di un bambino
insegnerà la strada.
Scritta nel 1964 e pubblicata nel settimanale Hai Trieu Am. Musica composta a Tokyo nel 1968.
Raccolta di poesie di Thich Nhat Hanh "Chiamami con i miei veri nomi"
Traduzione di Chandra Livia Candiani