Fiamme di preghiera

by Thich Nhat HanhDecember 17, 2021


Mattina presto.

Il sole brilla.

Cosmo, quanto desidero tenerti tra le braccia.

Gli uccelli cantano.

Una donna che vende spuntini passa dal boschetto di bambù.

Patria, quanto desidero tenerti tra le braccia.

Le persone si radunano sulla piazza del mercato.

Mondo, quanto desidero tenerti tra le braccia.

Solo venti ore ancora, ma non sono già più qui.

Offrirò me stesso al Fuoco.

Il sole brilla. Patria, mondo, cosmo!


Tutto è insuperata bellezza.

La separazione sarà intollerabile,

incommensurabile il mio amore.

Così tanti ricordi –

eppure non riuscirò a portare con me

una sola foglia nemmeno un ciottolo.

Ogni foglia è così preziosa; così prezioso ogni ciottolo.


Mi sveglio presto, ho dormito profondamente,

come un bambino innocente senza preoccupazioni.

Mie mani, è vostro dovere chiamare il Fuoco casa questa mattina?

Le mani mi accarezzano le guance.

Mani, siete amiche leali,

mani per distribuire caramelle e biscotti,

mani chiazzate di inchiostro e gesso,

mani per tessere la seta,

mani per carezzare il capo degli orfani.


Mi sveglio presto, come vorrei vivere per sempre!

Ogni mattino tinto di rosa,

ogni nuovo mattino dà inizio a un intero giorno

come un foglio di carta vuoto

pronto a essere riempito di significato.

Perché il cosmo è così bello oggi?

E’ perché sto per morire?

Perché ho aperto gli occhi?

Quante stelle, così lontane!


Mi sveglio presto,

consapevole della mia faccia, delle mani,

e di questo piccolo bacinello d’acqua.

Quanto desidero nuotare nella sua acqua di chiaro cristallo,

essere un minuscolo pesce!


Mi sveglio presto,

le finestre si aprono all’aria pura,

quanto desidero volare in lei,

essere un piccolo uccello!


Mi sveglio presto,

scorgo un gruppo di scolari attraversare la strada

cinguettando come uccelli.

Camminate, miei piccoli fratelli e sorelle.


Procedete verso un orizzonte di pace, sicuro

dove non ci sia sofferenza, né uccisione!

Qui io mi tuffo nell’abisso del dannato fuoco.

Procedete rapidi, miei cari.

Qui le colline rocciose, le montagne e le foreste

fanno tutte del loro meglio per fermare il dannato fuoco!


Più avanti, una sorella o un fratello maggiori vi aspetteranno.

La vostra classe riceverà la visita

di un uccello vagabondo o di una farfalla.

La classe sarà pervasa

dal delizioso, dolce profumo di una rosa rampicante

che scala il davanzale della finestra.

Sotto i tavoli passeranno biscotti e caramelle.

Il fratello più grande lo sa, ma continuerà a sorridere.

La sorella più grande lo sa, ma fingerà di non accorgersene.

Il compito scritto verrà letto nel dialetto del sud.

Gli errori d’accento varranno solo mezzo punto.

Adoro queste teste dai capelli di seta e occhi che brillano –

anche l’inchiostro che macchia le camice e le facce,

e i nasi che colano.


Le strade sono piene di gente.

Cosa pensi, Zia?

A cosa stai pensando, Zio?

Cosa ti preoccupa, Fratello Maggiore?

Cosa ti preoccupa, Sorella Maggiore?

Ognuno ha una preoccupazione diversa,

ognuno una situazione particolare.

Ognuno va per le sue commissioni del mattino.

Io cammino sola,

i piedi per terra,

ma sento di camminare nell’aria.

Sono ancora qui, ma me ne sono già andata.


Ancora venti ore.

Non condivido con nessuno i pensieri più profondi.

Non mi sento sola.

Amici, razza umana,

Fratelli e Sorelle,

amo la nostra Terra,

le lacrime scorrono sulla mia faccia.

Chino la testa e le asciugo.

Sorrido, rimproverandomi.

Ho vergogna perché ancora amo.

Sono ancora attaccata, e voglio restare.

Sola, me ne vado.


Amici, lasciatemi andare.

Non siate arrabbiati.

Non avvicinatevi troppo.

Tenetevi a distanza perché io possa mantenere il mio voto.

Quanto desidero abbracciare ognuno di voi,

giovani e vecchi e farmi un bel pianto.

Ma rovinerebbe tutto.

Le nostre lacrime eroderebbero

tutta la determinazione che ho raggranellato.

Perdonatemi, amici.

Perdonatemi, cara Madre e caro Padre.

Perdonatemi, miei diletti fratelli e sorelle.


Ricordatevi della storia del fiume.

Lasciatemi essere il barcaiolo,

lasciatemi ascoltare i discorsi mattutini delle onde blu.

Lasciatemi vedere il ponte Ong Lanh,

le barchette cariche di stoviglie di lucente creta rossa,

o di tinozze di salsa di pesce.

Vedo le donne che vendono noci di areca,

le labbra rosse di succo di betel,

i capelli coperti di tele strappate.

La nostra patria è bella, così bella.

C’è il tempio, il boschetto di bambù,

il giardino di areche, la siepe di betel,

e il familiare porto di fiume.

Voglio tornare.

Ma anche se tornassi, non ritroverei la mia patria!


A ogni passo tocco la terra della mia patria.

Il suolo della mia patria è stato devastato

dalle bombe e dalle armi.

Questa è una preghiera per i verdi giardini,

con i fiori di bambù e di pruno,

con i cactus nel giardinetto di casa.

Giungendo le mani,

accetto le fiamme come una preghiera.

Lasciatemi vedere le case per l’ultima volta.

Lasciatemi vedere il cielo, l’acqua, gli alberi per l’ultima volta.

Lasciatemi vedere le stelle e la luna.

Lasciatemi vedere la gente,

zie, zii, fratelli e sorelle,

giovani e vecchi.

Lasciate che li veda ridere e parlare.

Abbraccio tutti nel piccolo cerchio delle mie braccia.

Vi ho visto, miei confratelli e consorelle.

Sto andando via, ma sono ancora qui.

Domani al sorgere del sole,

la mia poesia raggiungerà i miei cari.



Scritta nel 1966, dopo aver saputo che Nhat Chi Mai, una delle prime sei persone ordinate come membri centrali dell’Ordine dell’Interessere si era immolata per la pace e la riconciliazione alla Tu Nghiem Pagoda a Saigon.


Raccolta di poesie di Thich Nhat Hanh "Chiamami con i miei veri nomi"

Traduzione di Chandra Livia Candiani